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La ferratura di asini, muli e la forgiatura di attrezzi agricoli

Da: “per antichi sentieri” a cura di Mario Cordero


La ferratura di asini e muli era più praticata in estate, quando i lavori agricoli erano impellenti, Il fabbro forgiava sull'incudine (encunh) la zappa a un solo dente (la pico) e a due denti (lou magàu), picconi, tridenti, scuri, accette, mazze, cunei, parti metalliche dell'aratro (Iou sòc e la lamo),catene per le mucche, cardini delle porte, inferriate, attrezzi da lavoro dei bottai ambulanti (sebrièr).
L’ultimo fabbro di Marmora è stato Giacomo Andreis (classe 1899, morto nel 1987) - chiamato Lou Frier,- e abitava a Biamondo (Lou Piamound) nella grande casa che fronteggia il santuario mentre la sua officina si trovava sulla strada tra Biamondo e Vernetti (a 200 mt.  dall’abitazione).
Ecco una sua testimonianza raccolta da Piero Raina e riportata sul libro “per antichi sentieri”:
«A 17 anni ero a Mondovì, incorporato nel Primo Reggimento Artiglieria da Montagna. Nell'estate del 1917 venni sorteggiato per il fronte. Trecentosessanta su cinquecento. Ai sorteggiati rancio speciale. Ti trattano bene in certe occasioni. Nel cortile della caserma al momento della partenza il capitano gridò: «Piemontesi da una parte. Poi vi dirò il perché». Giusto schierati il capitano riprese a gridare: «Perchè io restassi ferito, a terra nello spazio di nessuno, questi soldati non mi lascieranno, verranno a prendermi, costi quel che costi». Con il mio compagno Signorile di Stroppo ci ubriacammo con due fiaschi di vino: lui cantava e rideva, io dormivo, mi sveglia, che eravamo già a Treviglio. Ci misero a tamponare, a tener duro sul Piave, sul Montello e sul Grappa. ( ... )
Tornato a casa pensai subito a sposarmi. La sposa: Maddalena, 18 anni, la trovai che contava sotto un pino cembro a raccogliere le cucale, gli strobili coi semi mangerecci da sgranocchiare e passare il tempo durante i giorni di neve.
AI paese - oltre che lavorare la campagna, abbattere grandi larici, pelarli nei boschi e farli correre d'inverno sulla terra dura mentre il vino gelava nella borraccia e per consumarlo lo si accostava a una fiammata di rami - facevo anche il fabbro, forgiando attrezzi agricoli, Nei primi tempi non ero sicuro di me; prendevo un bel pezzo di ferro, lo arrostivo e lo ponevo sotto il maglio; se s'allungava facevo un piccone, se s'allargava facevo un badile.
Provvedevo pure alla ferratura delle bestie da soma: asini e muli. D'estate la mia giornata di maniscalco cominciava con le prime luci dell'alba. La gente pressata dai lavori era abituata ad agganciare la notte con il giorno e poi, col sole, le bestie punzecchiate da mosche e tafani scalciavano.
I ferri li ricavavo da pezzi di recupero da bastimenti affondati che acquistavo all'ingrosso presso una ditta di Dronero.
Nel 1945 - 1946, a guerra finita, mi servivo dei paletti porta reticolati divelti alla frontiera con la Francia, che giovani del posto mi portavano. Ho fatto questo mestiere per cinquant'anni. Il mio grosso martello porta stampata sul manico di frassino l'impronta del mio dito pollice».