Da: “per antichi sentieri” a cura di Mario Cordero
“………………… Ogni borgata aveva il suo forno comunitario in pietra (lou fourn), dove a turno le numeroso famiglie panificavano, dai Santi fin verso Natale. Ogni famiglia infatti doveva provvedersi il pane per tutto l’anno (couèchos) facendo da 4 a 8 infornate a seconda delle esigenze (fournàs).
In tempi più recenti si panificava con maggior frequenza, cuocendo però un numero minore di pani. Il forno della borgata Reinier conteneva all’incirca 80 pani rotondi (pan riunt); in seguito fu ristrutturato e ridotto nelle dimensioni.
Il forno veniva scaldato con legno di larice (mèrsou) e tutti offrivano pezzi per il riscaldamento iniziale, che richiedeva una grande quantità di combustibile.
Se non era preparato con la luna favorevole (luno bono), il pane ammuffiva e non si conservava
Per impastare si metteva la farina di segala (bià) nella madia (màit), aggiungendo acqua tiepida, sale e pasta lievitata; poi si lasciava fermentare (levàr) per 6 ore, si preparavano le forme rotonde e s’infornava.
I pani ottenuti essicavano nel fienile (lou soulièr), sistemati su rastrelliere sospese che formavano lou bàuti.
Per tagliare il pane indurito, da inzuppare nella minestra o nel latte, occorreva l’apposito coltello agganciato ad un asse incavato detto “poustèch”.
Si cuoceva anche il pane di patate schiacciate mescolate alla farina di segale (pan et trìfoulos), però questo si conservava poco. Successivamente, con le migliorate condizioni economiche, si incominciò a preparare il pane mescolando la farina di frumento a quella di segale.
La panificazione costituiva un momento faticoso ma anche gioioso di vita comunitaria, durante il quale, oltre al pane, si mettevano a cuocere nel forno focacce e sformati di verdura e carne.”
(vedere sezione ricette)